Perché lo smart working è il nostro futuro, non solo in tempi di crisi.

Smart Working in tempi di crisi e non solo. A causa dell’emergenza coronavirus è stato emanato un nuovo decreto che interviene sulle modalità di accesso allo smart working e sono sempre di più i dipendenti e i datori di lavoro che vorrebbero sapere come organizzarsi a tal proposito.

Facciamo, però, un passo indietro spiegando cos’è lo smart working (detto anche “lavoro agile”): non è altro che lo spostamento della postazione lavorativa dalla sede d’ufficio ad altra sede (non necessariamente la propria abitazione) a parità di trattamento economico.

In Italia lo smart working è riconosciuto dalla legge italiana già da qualche anno, con il decreto 81 del 22 maggio 2017, per “favorire l’articolazione del lavoro flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” (dal testo dell’articolo 18 della legge 81/2017).

Cos’è lo smart working?

Lo smart working prevede che vi sia un accordo scritto tra datore di lavoro e subordinato che metta in chiaro il tipo di mansione da svolgere, la durata dell’accordo, il rispetto dei tempi di disconnessione (e quindi di riposo) ed il recesso. Attualmente il requisito di un accordo scritto tra azienda e lavoratore è sospeso fino al 31 luglio 2020 in seguito al dcpm dell’8 marzo.

Sembrerebbe qualcosa di molto simile al Telelavoro, altra tipologia di lavoro da remoto che consiste esclusivamente nello spostamento della sede di lavoro, facendo cadere i presupposti di flessibilità, autonomia e responsabilità che invece sono alla base dello smart working, in cui luogo ed orari di lavoro sono scelti dal lavoratore.

L’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, punto di riferimento per l’aggiornamento professionale sull’innovazione del digitale, descrive così questa tipologia di contratto: “Una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.” Già alla fine di ottobre 2019, l’Osservatorio mette in luce una realtà italiana in cui il 58% delle grandi imprese utilizza il sistema di smart working ed un aumento del 12% anche tra piccole e medie imprese rispetto all’anno precedente.

Quali sono i benefici dello smart working?

Sempre secondo dati dell’Osservatorio, questo modello di lavoro produce un incremento della produttività dei lavoratori del 15%, con benefici per le aziende, per il paese e per l’ambiente con una riduzione notevole di emissioni CO2 mentre al lavoratore, anche una sola settimana di smart working, farebbe risparmiare in media 40 ore di spostamenti all’anno, con un miglioramento generale della qualità della vita.

Si è visto come, in una situazione di emergenza come l’attuale diffusione del virus COVID-19, lo smart working rappresenti una concreta possibilità per le aziende di portare avanti la propria attività garantendo la sicurezza di tutti i lavoratori.

Smart Working, Italia fanalino di coda.

Lo smart working è soprattutto un cambiamento culturale diventato ormai realtà, anche se l’Italia è ancora indietro rispetto alla media europea. Secondo i dati Eurostat aggiornati al 2018, anche se sono almeno 8 milioni i dipendenti potenzialmente occupabili in smart working, solo 2% degli italiani utilizza il lavoro agile, ed è la percentuale più bassa in europa (nel Nord Europa si arriva anche al 30% di lavoratori in smart working).

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