Fotografia 2.0: la tecnologia a favore dell’oblio?

Ne “L’avventura di un fotografo” del 1955, Italo Calvino esprimeva la propria idea di uso fotografico che si fa folle, sfumando in una sorta di abuso.

Ciò che viene descritto è una società in cui la smania di fotografare ha preso il sopravvento sul semplice e puro godimento di un avvenimento, di un momento, di una visione. Ogni cosa deve passare attraverso l’obiettivo della fotocamera, quasi come certificato per l’esistenza stessa di tutto il fotografabile, come garanzia certa di averne per sempre il ricordo a portata di mano e memoria. La follia, si palesa nell’espressione di una confusione vitale tra realtà e fotografia. Non è forse che fotografando tutto si arrivi a credere più alla bellezza della foto che a quella del soggetto reale?

Quanto mai attuale. Oggi, con l’avvento del digitale si è registrata un’impennata senza precedenti nella produzione di immagini; la supremazia dei social media ha preso il sopravvento, rendendo la pratica fotografica degli ultimi anni un fenomeno di massa che ha portato alla diffusione della cultura dell’immagine a livello capillare, attraverso manifestazioni globali quali Facebook e Instagram. Contenitori questi, all’interno dei quali non vi è più spazio per la fotografia “ragionata” espressione di un momento dall’alto valore emozionale che dovrà restare indelebile nelle menti di chi lo contempla.

La fotografia è oggi materiale da condividere e da consumare nell’immediato. Tutto è moda, un flusso continuo di immagini simili tra loro che, per quanto “belle”, restano indifferenti per il solo motivo di essere simili a tante altre. Le immagini vengono quindi archiviate all’interno di supporti digitali o cloud e, il fatto di non essere più stampate determina una problematica di grande valore sociale e storico; una sorta di “oblio del ricordo”. Si è persa un’importante caratteristica ovvero, la capacità di documentare e lasciare una traccia tangibile e accessibile di un volto, di un ricordo, di una storia.  Una traccia che resta e che può e deve essere fisicamente ritrovata e recuperata.

La stampa è in grado di donare alla fotografia quella completezza che il virtuale le ha sottratto; una fotografia si guarda in maniera riflessiva, mentre un’immagine virtuale viene di solito consumata rapidamente e difficilmente sopravvive al veloce trascorrere del tempo. La fotografia è diventata immateriale, “liquida”. Si realizzano immagini che restano in un ecosistema elettronico e solo raramente giungono ad essere stampate su carta. Forse solo a queste ultime sarà dato di superare l’oblio del tempo?

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